Agosto 1957 – Eiger: l’ ultima salita

di Mattia Conti

con Alberto Bonacina e Sara Velardo 

musiche Sara Velardo direzione tecnica Matteo Binda fonico Luca Zugnoni

coordinamento alla produzione Roberta Corti  regia Alberto Bonacina

una coproduzione LO STATO DELL’ARTE / CAI Sez. di Lecco “Riccardo Cassin”

nell’ambito del festival “MONTI SORGENTI 2019”

si ringrazia Confcommercio Lecco Enzo Guardalà Giusi Vassena

SINOSSI

Agosto 1957. Claudio Corti e Stefano Longhi, due lecchesi, decidono di rincorrere un sogno: essere i primi italiani a conquistare la mitica (e famigerata) Parete Nord dell’Eiger. La scalata si rivela drammatica, alla cordata dei due italiani si affianca quella formata da due scalatori tedeschi. La progressione è lenta e condizionata da continue scariche di sassi e ghiaccio.

L’Orco non smentisce la sua fama.

Il tentativo si concluderà in tragedia. Dei quattro alpinisti solo Claudio Corti sarà salvato. Dei tedeschi si perderanno le tracce. Il corpo senza vita di Stefano Longhi resterà appeso alla Parete Nord per quasi due anni diventando contemporaneamente attrazione e monito per turisti e scalatori.

NOTE DI REGIA

Con “Agosto 1957” abbiamo sì voluto raccontare la storia di uomini alla rincorsa di un sogno trasformatosi in incubo, ma anche quella di uomini che hanno avuto il coraggio di sfidare i propri limiti. Quali le emozioni? Quali i pensieri più intimi?

Niente pietismo e niente sconti.

Il punto di vista è quello di Stefano Longhi che si sviluppa in una dimensione onirica dove tempo e spazio perdono di significato a vantaggio della storia narrata. L’impianto drammaturgico permette così di evocare altri “fantasmi dell’Eiger”, vittime precedenti dell’Orco: Karl Mehringer, Andreas Hinterstoisser, Toni Kurtz, Mario Menti.

Il testo è scritto appositamente per lo spettacolo da Mattia Conti.

Le musiche, composte da Sara Velardo, disegnano un vero e proprio ambiente sonoro divenendo così parte integrante della drammaturgia.

NOTA DELL’AUTORE

Il testo è stato scritto dopo un lavoro di ricerca che ha contemplato la tragedia da tutti i punti di vista, per scegliere di concentrarsi su uno sguardo mai esplorato, quello di Stefano Longhi.

La sua voce narrante lega i vari segmenti dello spettacolo. Stefano ci parla dalla cengia rocciosa su cui attende i soccorsi e viviamo insieme a lui incubi, paure, ricordi, sogni, fino all’accettazione del suo tragico destino.

Stefano rimane solo, in mezzo al nulla, ma c’è sempre una presenza a sorvegliarlo: è lo spirito della montagna.

Il monologo si trasforma così in un dialogo, uno scambio tra l’uomo e una natura misteriosa, rocciosa, crudele ma, a modo suo, materna. Proprio attraverso queste due voci, una umana e implorante, l’altra arcaica e ostile, prendono vita i momenti più lirici dello spettacolo.

L’Eiger diventa luogo del sogno e della visione. Lo spettacolo vuole avvolgere il pubblico in questa atmosfera, sfuggendo i rischi della didascalia e della cronistoria e narrando la vicenda di Stefano Longhi con un taglio onirico ed emozionale.

L’EIGER

Nell’Oberland Bernese, in Svizzera, si trova una montagna alta 3.970 metri, che porta il nome Eiger (Orco in italiano) con la Parete Nord conosciuta anche come Nordwand o Eigerwand. Per un soffio non entra nella schiera dei quattromila delle Alpi; la sua altitudine è superata dalle vicine vette del Mönch (4.099 m) e della Jungfrau (4.158 m). Nonostante ciò è una delle montagne più famose e conosciute del mondo grazie alla sua imponente Parete Nord, una bastionata rocciosa coperta di neve e ghiaccio, alta oltre 1.800 metri e con una larghezza alla base di circa 2.500 metri. Non avendo altre vette davanti è uno dei punti più esposti delle Alpi ai fronti nuvolosi o temporaleschi provenienti da nord e da nord-ovest che causano improvvise tempeste dagli effetti devastanti per chi si trova in parete. Inoltre è continuamente attraversata da scariche di massi, neve, ghiaccio e cascate d’acqua; è martoriata dalle slavine col brutto tempo e dalla caduta di pietre appena fa caldo. Ciò rende la sua salita unica e pericolosissima. Il fascino di questa montagna, denominata “Orco mangiatore di uomini”, è dovuto al suo aspetto terrificante e al fatto che la sua massa è costituita interamente da calcare in gran parte friabile. È una delle più alte pareti calcaree delle Alpi. La Parete Nord è visibile interamente da Grindelwald e da Kleine Scheidegg le località turistiche intorno al gruppo della Jungfrau perciò tutti i tentativi di salita, le glorie e le tragedie, sono state seguite da cannocchiali e occhi curiosi in ogni momento del loro svolgersi. Non esiste altra montagna al mondo che eserciti un’attrazione paragonabile a quella dell’Eiger.

PRIMI TENTATIVI DI CONQUISTA DELLA PARETE NORD

Il 21 agosto 1935 Max Sedlmayer e Karl Mehringer salgono per la via diretta ma muoiono congelati il 25 agosto dopo diversi giorni di cattivo tempo. Da quel momento il luogo del ritrovamento dei corpi prende il nome di “bivacco della morte”.

Il 18 luglio del 1936 i tedeschi Andreas Hinterstoisser e Toni Kurtz insieme agli austriaci Edi Rainer e Willi Angerer salgono la parete in due cordate distinte. Con la sua celebre traversata, Hinterstoisser è il primo a trovare la chiave della salita ma quando tutti l’hanno effettuata ritira la corda, rendendo impossibile il ritorno. Nella bufera, mentre tentano di tornare indietro, tre di loro precipitano mentre Toni Kurtz è ancora vivo. Trascorrerà due giorni e una notte invocando aiuto; morirà di sfinimento a circa due metri dalla corda che avrebbe potuto salvarlo ma che era impossibile da raggiungere.

Il 21 giugno 1938 un’altra tragedia: i vicentini Mario Menti e Bartolo Sandri, due tra i migliori arrampicatori del Veneto, salgono l’itinerario di Sedlmayer e Mehringer. Un terribile temporale li strappa dalla parete la sera del primo giorno di ascensione, uccidendoli.

LA CONQUISTA DELLA PARETE NORD

Il 24 luglio 1938, dopo tre giorni di lotta disperata, i tedeschi Andreas Heckmair e Ludwig Vörg e gli austriaci Heinrich Harrer e Fritz Kasparek riescono a trionfare.

LA TRAGEDIA DEL 1957

La tragedia che si svolse sulla Nord dell’Eiger nel 1957 cominciò sabato 3 agosto e terminò lunedì 12, all’indomani del drammatico salvataggio di Claudio Corti dalla parete. Tra i soccorritori si trovavano Lionel Terray, Riccardo Cassin e Carlo Mauri. Persero la vita i tedeschi Günther Nothdurf, un rocciatore di grandissima classe, Franz Mayer e il lecchese Stefano Longhi il cui corpo restò appeso in parete per due anni come macabro monito. L’altro lecchese, Claudio Corti, l’11 agosto venne portato in salvo con un cavo d’acciaio lungo le fessure terminali. I corpi dei due tedeschi vennero trovati soltanto il 22 settembre 1961 sul bordo del canalone che sbocca sul nevaio del versante ovest. Si appurò che morirono di freddo e stanchezza.  Il luogo dove c’era la tendina che i due tedeschi lasciarono a Corti, ferito alla testa da un sasso, si chiama da allora “Bivacco Corti”.

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Giada Canu and Operathing